La Chiesa di San Giuseppe dei Vecchi è una chiesa monumentale fondata dall’Ordine dei Chierici Regolari Minori, appartenenti alla famiglia Caracciolo, i quali acquistarono, agli inizi del 1600, dai nobili Carafa un fabbricato per accrescere la loro presenza in quella parte della città, che da originario borgo si andava trasformando in quartiere. Nel 1616 l’originale palazzo Carafa fu trasformato in monastero e fu fondata una piccola chiesa dedicata a San Giuseppe. Nel 1634 Andrea Cavallo, padre caracciolino, affidò a Cosimo Fanzago la progettazione di una chiesa più grande e maestosa. Il progetto fanzaghiano andò a rilento e subì prolungate interruzioni, compresa l'epidemia di peste del 1656. La Chiesa venne consacrata ancora incompleta nel 1665, infatti, mancando la cupola e le volte, la fabbrica era coperta da un tetto provvisorio. Successivamente furono terminati la cappella di S. Antonio, l’altare maggiore e gli altari delle cappelle. Dal 1706 al 1712 completarono l’opera l'architetto Onofrio Parascandalo prima, poi Giovan Battista Manni. Dopo il terremoto del 1732 che aveva provocato gravi danni alle strutture portanti e alla cupola, l'Ordine incaricò, per il restauro e il consolidamento della struttura, Nicola Tagliacozzi Canale, il quale realizzò gli stucchi della cupola e delle cappelle, e inoltre la costruzione del coro sopra l’ingresso, oggi perduto.
Sulla facciata, il portale in piperno risale al 1727 ed è opera di Francesco Solimena. La pianta della Chiesa è a croce greca con l'asse longitudinale più lungo dell'altro asse, e grazie alla rilevante altezza delle strutture verticali e della cupola, si evidenzia un effetto scenografico di grande ampiezza in un piccolo spazio. La volta a cupola che risulta composta da una volta a vela ed una padiglione, poggia centralmente su quattro grandi pilastri sormontati da una ricca trabeazione in stile composito con grandi cartocci in stucco nei pennacchi ed è sorretta lateralmente da quattro grandi volte a botte disposte alla base dei suoi quattro lati della cupola. L’illuminazione naturale è assicurata da ampie finestre poste sul prospetto principale e sull’abside, inoltre da ampi finestroni posti sulla linea di imposta delle volte a botte che reggono la cupola. La Chiesa possiede quattro cappelle angolari e l'abside, il coro posto dietro l’abside è diviso dall’altare maggiore. La zona absidale è posta una tela del Seicento, di autore ignoto, raffigurante la Sacra Famiglia. Dietro il coro, in corrispondenza della navata sinistra, si trova la Sacrestia che in origine comunicava con il Chiostro adiacente. Le mura interne perimetrali e le superfici intradosse delle volte a botte sono impreziosite da stucchi settecenteschi e tempere a muro raffiguranti scene dell’Antico e Nuovo Testamento, della vita di San Giuseppe, figure di Profeti e Santi. Nelle navate laterali, gli altari posti nel transetto, sono impreziositi da stucchi del Manni, nella cappella sinistra da un quadro ad olio raffigurante San Michele Arcangelo di Nicola Maria Rossi e nella cappella destra da un quadro raffigurante San Francesco Caracciolo di Antonio Sarnelli. Inoltre vi sono sculture lignee rappresentanti S. Anna, S. Antonio da Padova, l’Ecce Homo, il Crocifisso e una scultura in carta pesta rappresentante S. Anna di particolare interesse per fattura e rifinitura. Sull’altare maggiore si vedono due angeli lignei settecenteschi. Nel 1926 la Chiesa di San Giuseppe dei Vecchi è stata eletta Parrocchia. In tempi recenti, per volere dei fratelli Ruotolo, sul fondo della navata destra è stata realizzata una riproduzione della Grotta della Madonna di Lourdes e successivamente la Parrocchia è stata denominata “San Giuseppe dei Vecchi e Immacolata di Lourdes”. A partire dagli anni 30 del Novecento, a testimonianza delle grazie ricevute, gran parte delle pareti sono state ricoperte da piccole lapidi ex voto. Oggi il complesso va visto tenendo conto del sovrapporsi di tante soluzioni e scelte architettoniche, a volte anche contraddittorie ed in contrasto tra loro, dovute all’avvicendarsi di famosi architetti dell’epoca e all’incompletezza della fase seicentesca. Nella Chiesa sono tumulati i corpi dei fratelli Elio e Dolindo Ruotolo.